LA PALADINA DEGLI INTOCCABILI
CONTRO L’ONDA NAZIONALISTA INDÙ
Foto di Nikhil Roshan
E’ ormai arrivato al culmine, in India, il periodo elettorale. Cinque settimane per portare al voto, Stato per Stato, 814 milioni di persone.
L’Uttar Pradesh, quinto Stato per estensione con i suoi quasi 200 milioni di persone, è il primo per popolazione nel Paese. Porterà alla Lok Sabha il numero maggiore di rappresentanti, 84 seggi sui 543 totali. Proprio per questo gli analisti lo guardano con molta attenzione per capire che cosa succederà nel Paese e quasi tutti sono convinti che sarà l’onda di Narendra Modi a spazzare via i concorrenti.
Modi, leader del principale partito di opposizione, il BJP, largamente favorito, ha investito in una campagna elettorale costosissima, riuscendo ad affermare l’idea che la sua ascesa al potere porterà ad una ripresa dell’economia indiana. Figura autoritaria, che si è guadagnato tra i capitani d’industria la reputazione di un uomo capace di fare, il consenso per Modi è epidemico in gran parte dell’India. Ma non dappertutto.
Se c’è una persona capace di indebolire nell’Uttar Pradesh la macchina da guerra di Modi è Mayawati Kumari per il Bahujan Samaj Party. Quattro volte Chief Minister dell’Uttar Pradesh, paladina dei “dalit”, i cosiddetti “intoccabili”. Tradizionalmente oppressi ed emarginati dal sistema a caste indù, gli intoccabili la considerano un’icona e la chiamano Behen-ji, “sorella”. Mayawati Kumari ha condotto una campagna low profile nelle sue tradizionali roccaforti.
Il servizio di Nikhil Roshan documenta un momento particolarmente intenso della sua campagna elettorale: il suo ingresso nel villaggio di Thana Bhawan, nel distretto di Shamil nell’Uttar Pradesh occidentale dove è stata accolta da una folla giubilante.
Tra loro non c’erano solo i dalit, i fuoricasta. Nel distretto di Shamil e nel vicino Muzaffarnagar è ancora aperta la ferita dei tumulti che hanno coinvolto alcune zone rurali lo scorso anno, disordini che hanno spinto centinaia di famiglia musulmane a rifugiarsi in campi profughi. Molte di queste famiglie, per timore, non sono ancora rientrate a casa.
I musulmani in questa zona sono un bacino elettorale del Samajwadi Party (SP). Ma l’incapacità di questo partito di prevenire i disordini sta spingendo i musulmani a cercare delle alternative come il BSP. Nel suo discorso Mayawati punta proprio sulle insicurezze dei musulmani, ricorda le accuse a Modi per le violente rivolte nel Gujarat nel 2002.
Tuttavia per gli sfollati del campo di Malakpur le responsabilità non sono tutte nettamente da una sola parte. Vivendo in tende dallo scorso settembre, non solo hanno perso il senso della dignità e della sicurezza, ma anche il piacere di vedere crescere i loro figli sani e felici.
Appena fuori dal campo, ci sono mucchi di terra senza nome: sono le tombe dei bambini morti di freddo lo scorso inverno. Quando i media si sono accorti di queste morti e ne hanno parlato indignandosi, nel campo sono arrivati aiuti in coperte e in denaro. Ma molti dei profughi sostengono che quegli aiuti non sono mai arrivati a loro ma che sono rinite nelle casse di un operatore umanitario vicino al rappresentante di circoscrizione del BSP.